Separazione e divorzio: e i figli?

Separazione e divorzio sono termini con i quali abbiamo imparato a familiarizzare negli ultimi 30 anni, sono fenomeni che a livello sociale sono diventati estremamente più frequenti. L’ISTAT riporta che il numero assoluto di divorzi nel 2015 sia stato 82.469, mentre le separazioni 91.706 (dati ISTAT 2016).

Il fatto che separazione e divorzio siano diventati fenomeni sociali più comuni, non diminuisce la complessità e drammaticità che hanno per le persone che si trovano coinvolte, siano essi i coniugi o i figli.

Vittorio Cigoli parla di divorzio come di un attacco al legame, laddove per legame si intende “una classe che comprende varie aree: le relazioni interiorizzate, il patto coniugale, le relazioni familiari, le relazioni amicali, le relazioni sociali” (Cigoli, 1999); questa definizione mette bene in luce come il divorzio metta in crisi tutte queste aree essendo contemporaneamente un fatto e un processo intrapsichico, di coppia, familiare e sociale. Per attraversare questo grande dolore e ritrovare la speranza nel legame sarebbe necessario riuscire a portare in salvo qualcosa di buono del rapporto con l’ex coniuge, processo complesso, possibile laddove si sia riusciti ad attraversare, elaborare e trasformare sentimenti di odio, rabbia e rancore che soventemente accompagnano queste situazioni e fatto possibile se facilitato da un percorso terapeutico.

Ma in tutto questo, i figli? Sì, perché in questo marasma personale e sociale che accompagna le separazioni, spesso ci sono dei figli che si ritrovano ad essere spettatori ma allo stesso tempo attori protagonisti. È senza dubbio un evento traumatico e doloroso, tuttavia i segni che lascerà addosso alla prole dipendono in gran misura da come le figure genitoriali riusciranno a gestire questo passaggio. Scabini e Iafrate sottolineano come “il compito genitoriale fondamentale in queste situazioni sembri potersi individuare nella costruzione dell’appartenenza familiare e nella legittimazione delle origini del figlio della sua storia e delle sue radici”, ciò consiste nella necessità di rispettare e legittimare che il figlio sia frutto di due storie. Il fatto che la separazione abbia spezzato la connessione tra questi due rami non deve negare la possibilità di far sentire il bambino/adolescente come appartenente ad entrambe le storie, ad entrambe le stirpi. Il genitore deve quindi facilitare l’accesso alle origini del figlio. L’aspetto complesso di tutto questo, non semplificabile con la frase che si sente spesso “non siamo più marito e moglie ma siamo sempre genitori” è che laddove l’ex coniuge sia immerso in sentimenti di rancore, rabbia, voglia di rivalsa, sull’altro genitore, questo “passa” alla prole e il processo di legittimazione di cui sopra, per quanto ci si impegni, risulta “meno autentico”. I ragazzi si rendono conto se c’è una conflittualità anche latente o un dolore non elaborato e spesso si trovano vincolati in quello che viene definito “conflitto di lealtà”, un meccanismo molto frequente per il quale sentono di “tradire” il genitore che percepiscono più in difficoltà, se hanno accesso, o una relazione soddisfacente con l’altro genitore. Ciò che riduce gli effetti negativi del divorzio sui figli è proprio “la  capacità dei genitori di gestire il loro rapporto di ex coniugi in modo tale da non far sentire il figlio ‹‹preso in mezzo›› a un insostenibile conflitto di lealtà. In senso più propositivo (…) è fondamentale la capacità e la volontà dei genitori di consentire al figlio un accesso ad entrambe le stirpi di appartenenza, rispettando il suo diritto a confrontarsi con le proprie origini” (Scabini, Iafrate 2003).

Un altro aspetto di criticità si presenta laddove, a seguito della separazione, subentri la ricostruzione di uno o due nuovi nuclei familiari, che comporta l’ingresso di nuove figure di riferimento e spesso è accompagnato da un inasprimento della conflittualità tra ex coniugi. In questi casi è ancora fondamentale che si mantenga la condivisione della responsabilità genitoriale e uno scambio che legittimi l’altro nella sua funzione genitoriale, per consentire ancora al figlio di poter sentire la propria appartenenza e di non sentirsi perso all’interno di confini familiari ridefiniti, più  vasti e meno chari.

È centrale, come affermato da Giancarlo Francini, nel suo libro “Il dolore del divorzio” tenere presente  che “dentro il bambino l’immagine della famiglia va in frantumi e non trova più gli elementi di ancoraggio a cui finora aveva fatto riferimento e tutto diventa precario, instabile, insicuro”. I genitori devono riuscire a comprendere questo dolore e smarrimento senza sentirsi schiacciati dal senso di colpa, devono stare con questa sofferenza e riuscire a trasmettere piano piano al figlio che la separazione non è stata una fine, un tracollo della famiglia, ma è stata una trasformazione, così da favorire nel bambino la sensazione di una continuità rispetto al prima e il mantenimento dell’immagine di famiglia, trasformata, probabilmente con l’ingresso di altri membri, ma sempre stabile, sicura, sempre un punto di riferimento.

 

cigni

 

Bibliografia:

Andolfi, M. (a cura di) (1999). La crisi della coppia. Raffaello Cortina Editore: Milano.

Francini, G. (2016). Il dolore del divorzio. Franco Angeli: Milano.

Scabini, E., Iafrate, R., (2003).  Psicologia dei legami familiari. Bologna: Il Mulino.

 

Sitografia:

http://www.istat.it